Il libro che consiglio è appena uscito. Okay, l’ho letto in anteprima e mai le parole “è stato un onore e un piacere” furono più adeguate. Partiamo dall’inizio: la controriforma, l’alto medioevo dovrebbero essere la mia nemesi, invece è tutta una questione di penne e di sensibilità, perché i libri di Grazia Maria Francese li ho letti e apprezzati tutti, li ho regalati e ne ho caldeggiato la lettura.
L’ambientazione di “Mille rimpianti: verso il Japòn” è insolita e intrigante. In tutto il romanzo si alternano due linee narrative, ambientate in posti distanti e diversi sotto tutti i punti di vista, ma che a piccoli passi si avvicinano: il Giappone di Oda Nobunaga e l’Europa dei Gesuiti. Sono quasi due pianeti differenti, accomunati però da grandi spinte al cambiamento.
Che Grazia Maria sia un’autrice scrupolosa e una profonda conoscitrice del Giappone, lo sappiamo. E qui lo leggiamo pure.
Padroneggia a fondo la storia di cui parla, si sente che ogni parola è frutto di una passione quieta e costante.
Con piccoli tocchi, ci porta in Giappone e poi ci riporta in Italia.
Non servono lunghe descrizioni: Grazia Maria Francese ha la capacità di evocare visi, ambienti e riti con pennellate precise, discrete ed efficaci. Pochi aggettivi e sei presente alla cerimonia del tè, senti rumori e profumi diversi. Sei in Giappone, in tutto e per tutto.
Un altro tocco e ti trasporta in una Venezia opulenta e crudele o nella Roma del cardinal Altemps. Leggere “Mille rimpianti: verso il Japòn” per me è stato proprio viaggiare in due luoghi e due epoche.
La parabola di Oda Nobunaga è affascinante e controversa. Come sempre accade per personaggi del genere – grandi condottieri che realizzano le loro imprese passando sopra a ogni scrupolo – amarli davvero non è possibile, ma lasciarsi affascinare e accettarli sì. Sono fatti a modo loro. Se così non fossero, avrebbero svolto un “altro mestiere”.
Alessandro Valignano invece è un uomo del suo tempo e di ogni tempo: a elevarlo sopra le epoche sono i sentimenti, a calarlo nella propria saranno le vicende e gli incontri (eccezionali, peraltro! Un paio di volte, sono saltata sulla sedia!).
Il romanzo è scritto davvero molto bene: ha ritmo ma non indulge in quella scrittura stitica tanto di moda, che nasconde la pochezza sotto una patina intellettuale.
Quello di Grazia Maria Francese è un fraseggio sapiente, duttile. È uno stile misurato e padrone della storia e dei suoi tempi, che dosa con una classe molto nipponica, come si versa il tè.
Al piacere della lettura si aggiunge quello della scoperta.
Vi sentirete anche un po’ voi viaggiatori che salpano per raggiungere l’altra parte del mondo.
Non perdetevelo per nessuna ragione.