Oggi voglio parlare di uno dei miei libri e voglio farlo in maniera spudorata, dandovi sette buoni motivi per leggerlo. Raramente sono così “esplicita” e diretta, ma ho i miei motivi, perché amo molto questo romanzo, che è nato dopo anni di lavoro e tanti bocconi amari. Eppure é quasi stato nascosto, forse perché diverso dalla produzione che ci si aspettava da me. Complice una situazione drammatica vissuta da una persona a me cara proprio a ridosso dell’uscita del libro, non ho avuto modo di ovviare la scarsa promozione. Ho fatto diversi firmacopie, ma si sa che non sono il mio forte. E quindi, seppur in ritardo, voglio rendergli apertamente i suoi meriti. Ecco l’elenco dei sette motivi per leggere “Far West” o – perché no? – regalarlo a Natale. Clicca su continue reading per scoprire di cosa parla, qualche curiosità e il suo vero titolo.
1) Il titolo che avevo suggerito – quello che noi autori tecnicamente chiamiamo “titolo di lavorazione” – era “Un nuovo mondo”. Perché “Far West” è (anche) una distopia, ossia una storia che racconta un futuro dagli aspetti negativi. Eppure, se potessi scegliere una categoria antica per inquadrarlo, userei “commedia”: si inizia con una situazione drammatica, che piano piano, con impegno e fatica, si risolve.
2) È un romanzo che ha per protagonisti i nativi americani di oggi e di domani. Non racconta il dolore indimenticabile di quel passato che ancora compromette il presente. Prendendo le mosse da esso, invece, immagina un futuro per dei popoli che sono a dir poco meravigliosi. Perché i Nativi americani esistono, resistono e devono avere un domani. Nonostante le difficoltà, stanno realmente lottando per crearlo. Negare la possibilità di una fantasia sul loro futuro equivale a dire che, oltre all’antica Roma, ai Medici e alle abbazie, in Italia non c’è Storia per romanzi e non c’è un domani.
3) Far West NON è un libro per ragazzi. O meglio, non è per tutti i ragazzi. Le distopie raramente lo sono. Fareste leggere, per dire, “Il racconto dell’ancella” a una quindicenne? Io dico che dipende dalla quindicenne. Lo stesso vale per “Far West”. È un libro per adulti, che può essere anche apprezzato dai ragazzi più svegli (come tutto ciò che scrivo, d’altronde.) e racconta la vita di un ingegnere Navajo, dai 25 ai 35 anni.
4) C’è avventura, senso del magnifico, c’è la crescita umana di un giovane che trova la sua strada e c’è la rinascita di un popolo che, dopo aver smarrito la propria direzione fuggendo l’ingordigia altrui, la ritrova e se la riprende.
5) Si parla di sovrappopolazione e crisi energetica, di identità e di amicizia, di alcolismo, miseria e riscatto… e si dà una nuova possibilità a tutti. È un libro pieno di amore e fiducia nel futuro, nell’uomo e nella scienza.
6)A volte mi chiamate Calpurnia, presumendo che in quel personaggio abbia trasfuso molto di me. Errore. Se proprio non potete fare a meno di cercare l’autore tra le sue righe, è in “Far West” che mi troverete, nascosta nei fantasmi dei due protagonisti. Nel senso di inadeguatezza di Dennis, nell’insofferenza di Jane. Su quella crepa, però, uno costruisce e l’altra distrugge. Siamo tutti fragili e spezzati, ma sta a noi decidere in cosa trasformare i nostri mali, se in fiori o in coltelli che, comunque, feriscono anche chi crede di brandirli contro il prossimo.
7) il protagonista di “Far West” percorre la sua strada grazie a impegno, fatica, resilienza. Non è un maghetto, non è ricco e metropolitano, è bello come lo sono spesso i nativi, ma l’aspetto fisico gli è indifferente Eppure, cambiando se stesso, cambierà prima il suo popolo e poi il mondo intero. E lo farà grazie all’applicazione costante, allo studio, all’azione e all’onestà. Credo che questo, per i più giovani, possa essere un messaggio importante.
8) “Far West” ha un ritmo più veloce, ma non privo di momenti lirici e riflessivi, rispetto a Calpurnia. Perché la storia è diversa e lo richiede, ma anche perché io sono cambiata molto in questi anni, come persona e come autrice. Calpurnia è stato scritto molti anni fa. Si è fatto calendari di anticamera, ma è meno nuovo di quel che sembra. Il libro che uscirà a giugno, per tante cose la ricorda: è introspettivo, dà spazio alla filosofia e nasce proprio da alcune lettere. Eppure, nello scrivere, ho alternato istintivamente azione e riflessione in maniera molto più ritmata. Grazie a dio, aggiungo. Ne parleremo. Un autore che scrive sempre le stesse cose e lo fa nella stessa maniera, di solito è un nome famoso che di quello campa e non può permettersi di cambiare. Essere Nessuno, in questo senso, è una fortuna. Perché io posso cavalcare con i Nativi, posso piangere il corpo di Cesare e di Remo, potrò rabbrividire nella nebbia di Londra, sfilare con il tricolore tra le mani, sopravvivere a un assedio e chissà cos’altro negli anni.