I libri degli altri: il silenzio delle ragazze

Già dalle prime righe, questo romanzo ha ammutolito anche me. Sono un’amante dei poemi omerici da quando ero piccola e credo che tutti noi siamo impastati della terra e del sangue della piana di Troia. Quelle storie hanno forgiato inconscio e immaginario dell’Occidente, per questo tendiamo a usare termini di profonda reverenza quando ne parliamo. 
Ma poi sono davvero quelli giusti?

Briseide rompe il suo silenzio e con il pensiero, così come con gli sfoghi e le confidenze condivise con le altre prede di guerra, e disegna quel mondo dall’interno. Achille è uno stronzetto dall’offesa facile, veloce è il pie’ ma non solo. È rapido a uccidere – il che è stato un vantaggio per la famiglia di Briseide, maciullata dal biondo Pelide sotto i suoi occhi – e anche a scopare. Il che è meglio, perché la dose di veleno quotidiana le viene somministrata in fretta. Priamo si stupisce di aver baciato le mani di colui che ha ucciso il suo figlio prediletto, Ettore.  Briseide, che in lui cerca e trova la memoria del suo passato sereno, pensa di rimando che lei apre le gambe ogni notte all’assassino dei suoi fratelli. Ma questo dolore non lo calcola nessuno. Perché loro, le ragazze, le schiave di guerra, sono cose. 
Si comprano, si vendono, si scambiano, si donano. Quando stufano si buttano via. Se sei nervoso e ne vuoi uccidere una per sfogarti, be my guest. Quelle “cose” sono il premio del vincitore che ha il diritto assoluto di disporne, come di anfore e tessuti. I grandi e valorosi guerrieri mostrano tutte le loro umane miserie, lordi degli orrori della guerra, in cui cercavano immortalità e trovano morte. Mandano in patria tesori e perdono amici per sempre. Oltraggiano dei e sacerdotesse, poi sacrificano vergini per farsi perdonare. Sotto le mura di Troia, l’umanità mostra il suo lato peggiore ma anche quello migliore, che a volte si annida dove meno te lo aspetti. E Briseide lo racconta con la voce e le parole che ogni donna, di ogni luogo ed epoca, potrebbe usare. Non è una lettura lunga, ma intesa. Dura, a tratti. Spiazzante, molto più spesso di quanto mi piaccia ammettere.