Got è morto, viva Got

Emozioni e pensieri sparsi sulla fine di una serie televisiva che ha segnato comunque la storia della serialità. Perché, diciamocelo, negli ultimi anni il cinema si è buttato sui remake, al punto da arrivare a rigirare film “vecchi” di pochi anni, non sempre con risultati apprezzabili. La televisione, con la creazione dei canali dedicati, è diventata invece un luogo di esperimento. Così abbiamo serie con episodi lunghi, legati da una forte trama orizzontale, quasi un film a puntate. E serie ibride: una gragnuolata di episodi, caratterizzati però da budget e ambizione di altissimo livello. Questo è stato il caso Game of Thrones.

This post is dark and full of spoiler (and gif)… se non li temi, clicca su continue reading ->

Sono una delle poche persone che ha apprezzato diverse scelte degli sceneggiatori, per un semplice emotivo: non sono un’amante del fantasy. Di scimmie che imitano Tolkien ne ho viste abbastanza – mi secca anche il plauso obbligatorio a qualsiasi cosa abbia le orecchie a punta – e mi annoiano gli Pdor figlio di Kmer, per citare Aldo Giovanni e Giacomo. Quel che subito mi è piaciuto in Game of Thrones è l’impostazione molto realistica. E spietata. Una serie con un tasso altissimo di  personaggi amati che muoiono in maniere spesso banali e impreviste, al punto da attirare critiche. Ma, proprio per questo, più vere. Il nerboruto Khal Drogo termina i suoi giorni per una banale setticemia. Sapeste quanti casi, nella Storia vera, per cui un graffio uccide il gigante…

Mi è piaciuta la componente politica, il machiavellismo. I dialoghi tra Lord Varys, eunuco signore delle spie, e Little Finger, suo sodale e tenutario di bordelli, erano i miei momenti di massima goduria.

L’inizio è fenomenale. Ha un tocco disneyano, la famigliola di Ned Stark: due genitori onesti e coraggiosi e i loro cuccioli. C’è Sansa la principessina bella e snob, Arya a principessina guerriera, il fascinoso Robb, Jon il Cenerentolo e due piccoli di casa. Poi, senza troppi preamboli, assistiamo agli incestuosi Lannister che ne buttano giù uno dalla torre, lasciandolo paralitico perché ha involontariamente assistito a un loro fraterno accoppiamento. Olè!

Insomma, come recita una maglietta che indosso in estate sui miei 41 anni suonati:
“Game of Thrones is like history, but with dragons and boobs”.

Le tette, è chiaro, sono (anche) quelle di Danaerys Targaryen, la preferita dalle fanciulle ma non tra i miei personaggi del cuore. Tant’è che quando sente il richiamo del sangue e fa arrosticini della popolazione di King’s Landing, io non mi sono scandalizzata, anzi. In realtà, la penultima puntata dell’ottava stagione mi è piaciuta più dell’ultima: signori, la guerra non è eroica né bella. Il salvatore è pur sempre un carnefice e viceversa.

Chiaramente, dal momento in cui la serie ha scavalcato i libri di Martin, le sottotrame articolatissime son venute a cadere con semplificazioni eccessive e velocità sospetta. I personaggi si sono appiattiti per mancanza di tempo e per un budget sempre più sottile. Ma quel che doveva accadere, nella trama principale, è accaduto. Controprova: un mio amico aveva predetto anni fa come sarebbe andata a finire. Daje, Vale.

Io sognavo l’impossibile, come il finale cinico, con Little Finger seduto sul trono e Sansa su Little Finger… ma l’ultimo episodio mi è piaciuto. Sì, è veloce, sì, tante cose rimangono non dette. Ma i quattro Stark rimasti – e Jon prova quanto l’educazione possa più del sangue – hanno avuto un arco di trasformazione magnifico e credibile; in un certo senso ha vinto il migliore; il piccolo Tyrion ha giganteggiato.
Poteva essere fatta meglio? Sì. Doveva raccontare altro? No.

Dubbi che mi restano:
– ma ‘sti White Walkers, così pericolosi e poi puff… cos’erano in realtà? E il parente di Jon, era ibridato con uno di loro?
– Fisiologia dei Targaryen. Possono cavalcare i draghi, okay. Ma nessuno di loro brucia? Ossia: Jon brucia? E se li accoltelli, in base a cosa non sempre muoiono? Ossia: Danaerys può svegliarsi?
– Lord of the Light/Melisandre/Thoros di Myr. Ma quelli che tornano dalla morte, come fanno? Chi è ‘sto Lord of the Light?
Queste sono alcune delle trame smarmellate, per citare Boris.
Invece io sono felicissima che nella serie non ci sia Lady Stoneheart. Come diceva il genio della lampada in Aladdin: “Non posso far resuscitare i morti: prima di tutto no sono un bello spettacolo e poi mi fanno anche uno poi schifo”

Game of Thrones resterà una serie memorabile per tanti motivi, per aver inciso nel costume collettivo con scene icastiche e potenti.

Non dimenticherò mai:
l’inizio fulminante, a Winterfell, con Jamie che da pecora – ehm – si trasforma in lupo e getta Bran dalla torre.
Tiwyn a cavallo nella sala del trono.
I discorsi di Varys e Little Finger.
In the game of thrones, you win or you die.
Le nozze rosse con The rain of Castamere in sottofondo.
La vendetta di Arya per le nozze rosse.
“What do we say to the Lord of the death?” “Not today”
Valar Morghulis – Valar Dohaeris e gli Assassini Senza Volto.
Dracarys
Do you know how to make a Khal… happy?
You know nothing, Jon Snow.
Shame, shame, shame.
Ramsay Bolton che mangia la salsiccia alludendo alla castrazione di Theon.
Sansa che prepara la cena per i cani di Ramsay. E che cena.
Chaos is a ladder.
La pallutissima lady Olenna: Tell Cercei it was me.
La nobiltà di Sir Jorah, conosciuto tra i fan come Lord Friendzone.
Ma quanto mi piace Tormund. Brienne, guarda in alto!
Ser Davos, Brienne di Tarth, Tyrion, Gendry, Samwell Tarly e Gilly, Lianna Mormonth.
Stannis l’Agamennone dei poveri.
E tanto altro.

Cattivi, come la Storia.
Game of Thrones non è morto, Game of Thrones vive.