La notte del 27 luglio, sebbene estremamente afosa, mi ha ripagata della settimana trascorsa. Io e la mia metà abbiamo partecipato a un evento organizzato dagli astronomi del planetario di Roma (sapete, vero, che è chiuso da anni per motivi burocratici legati alla messa a norma di un ingresso del museo adiacente, nel quale ancora non sono iniziati i lavori?), per osservare un’eclissi di luna piena particolarmente lunga e scenografica, da un punto favoloso, uno degli affacci sui Fori. Al di là del fascino dell’evento per chi, come la sottoscritta, si appassiona di astronomia e del contesto unico, lo spettacolo della natura mi ha spinta a riflessioni libresche e non solo…
Nella foto più bella che abbiamo scattato, la luna arrossisce e si vela per non vedere Marte dalla splendente armatura nella sua una danza d’amore cosmico con Venere. Marte è la “stella” che si vede a destra della foto. In questo periodo il “pianeta rosso” è ben visibile, perché vicino alla Terra. Venere è rappresentata dal tempio di Venere Genitrice, fatto costruire da Cesare. La luna, incantevole e solenne, era in eclisse, rossa e grande. A seguire, notizie & pensieri…
* Piccola anticipazione: uno degli elementi presenti in foto sarà anche nella copertina del mio prossimo romanzo. Non me l’aspettavo, perché superficialmente direi che non è attinente. E invece sì!
* Come secondo punto, alle radici di Roma ci sono proprio queste due divinità e i loro principi maschile e femminile, fatti di energia, amore, baldanza, primavera. Rappresentano ciclo di vita adatto a qualcosa di vivo, non a un semplice accumulo di edifici. Perché Roma era sentita così.
*Infine, in “Calpurnia, l’ombra di Cesare” mi sono scoperta a citare l’inno a Venere di Lucrezio. E c’è un punto in cui, mentre i protagonisti parlano tra loro, inconsapevolmente incarnano quella scena. Diventano Marte e Venere, guerra e pace, acqua e fuoco, maschile e femminile. Io me ne sono accorta molto dopo, di questa inception: il libro era uscito da un anno e io ero sotto la doccia.
Vi lascio l’estratto incriminato, un’illustrazione a tema realizzata da Giulia Donati e un pensiero…
Nella foto, è Venere che si lascia sedurre dal bellicoso Marte. Lucrezio invece pregava che Marte si incantasse a guardare la dea dell’amore, dimenticando le armi. Oggi sono le armi che ci seducono. È guerra ogni volta che ci si arrocca in posizioni monolitiche fino al caricaturale, perché scindono dalla realtà e feriscono l’amore per la vita…
I capelli castani di Calpurnia, ormai lunghissimi, erano sciolti lungo il corpo, l’abito azzurro e il pallore ereditato dalla nonna richiamavano associazioni tra lei, quei colori e la misteriosa purezza dell’acqua.
Cesare ci pensò guardandola. Provò tenerezza e tristezza. Non era come Cleopatra, splendente della propria regalità, frutto maturo dei successori di Alessandro, ma le era profondamente grato per l’attaccamento e la fedeltà che gli aveva sempre dimostrato. Era forse l’unica persona che poteva chiamare amica, l’unica sulla cui intelligenza e riservatezza poteva contare senza timore.
(…) Cesare la punzecchiava, divertendosi a notare come a quelle beccate scherzose lei reagisse come un passerotto che gonfia le penne. (…)
«Ah, basta con questa frase!» sorrise lei, scuotendo la testa al ricordo. «(…)Papà cantilenava sempre “Devi dormire, non devi pensare”.»
Lui le fece cenno di avvicinarsi e lei si sedette sul letto.
«E poi?» le chiese Cesare, appoggiandole la testa sulle gambe.
«Poi cosa?»
«Dormivi?»
«No… pensavo» Calpurnia gli sorrideva, accarezzandogli i capelli radi.
«Ovviamente!» scherzò lui. «E a cosa pensavi?» «Immaginavo il mare. Che mia mamma fosse diventata una ninfa. E poi sognavo di vivere a Schèria, di essere Nausica.» «È quel che mi sembrasti…» Cesare sussurrò quelle parole sentendo gli occhi chiudersi, vinti dalla pace del momento e dalle premure della moglie.
«Come?»
«Quando ti vidi… Nausica…»
«Quindi tu saresti Odisseo? Cesare non sarà certo ricordato per la modestia!» Calpurnia rise sommessamente e, mentre lo faceva, Morfeo celebrò la sua vittoria sugli uomini e sugli dèi.