Così gentile, l’imperatore Giuliano

Mi sono divertita con il gioco di parole, lo ammetto. Perché gentile è la definizione che i Romani non cristiani davano di sé stessi. Ma su Giuliano – per qualcuno apostata e per altri eroico difensore di un passato ormai finito – si può applicare anche nel senso tipico dell’italiano corrente.

Il divulgatore e podcaster Marco Cappelli lo definisce un nerd: appassionato di studio, con una scala di valori personale e impermeabile alle mode, pignolo all’inverosimile quando si tratta di imparare qualcosa, fosse anche l’arte della guerra.

Gore Vidal gli dedica un romanzo che è un classico e un caposaldo. Potente, serrato, a un certo punto inizia a mozzarti il fiato. Sai cosa accadrà, sai che non c’è speranza, ma sei lì, dietro le pagine o dietro i byte, a fare il tifo per questo gentil-gentile in un mondo di tagliagole.

C’è anche un libro più avventuroso e romanzesco, recente lettura che mi ha spinto a questo post, in cui Giuliano è comprimario e fa una splendida figura: L’ombra dell’imperatore, di Massimiliano Colombo.

«È questo che mi sconcerta», disse Giuliano, guardando il filosofo, «è questo che mi rattrista, in un momento in cui la romanità rimane la nostra unica possibilità per abbattere i nemici che si radunano sempre più forti e numerosi ai nostri confini. Guarda l’inno alla vita, guarda quello che siamo riusciti a fare nei secoli, per difendere la nostra speranza di vita. Considera l’ingegno che abbiamo usato per renderla migliore[…] Guarda lo spirito che ha permeato la nostra società, alla nostra eterna lotta per la sopravvivenza, per accrescere la conoscenza, la conquista della gioia, la realizzazione dei sogni e delle ambizioni umane. Tutto questo è magnifico e io ne godo con un senso di gioia e libertà, senza sentirmi lontano dal mio creatore. Perché rinnegare queste grandi sfide che abbiamo saputo vincere, rinunciare alla vita terrena e glorificare il culto dei morti?»
«La speranza dell’aldilà è molto più allettante, Augusto, soprattutto per i miserabili, i reietti, gli schiavi…[…]

Eh sì, miserabile è stata una definizione assegnatami perché non potevo pagarmi costose promozioni, socialmente sono reietta per generazione, sebbene in proporzione alla parte del pianeta in cui – senza merito alcuno – sono nata, eppure so godere delle gioie del mondo. Con sobrietà e meraviglia. Perché Giuliano è un anello di congiunzione tra un passato che non incarna più del tutto, ma al quale guarda, e tutti coloro che di quel passato non hanno mai conosciuto nemmeno la eco, eppure ne sentono tante diverse sfumature di nostalgia.

Costanza Sicanie Regina in sconto fino a Natale

Natale è ancora lontano, ma almeno fino al 25 dicembre terrò il cartaceo del romanzo storico Costanza Sicanie Regina a quello che chiamo “prezzo fiera”, ossia 10€ a copia invece di 12,48€.
Ho deciso di scendere sotto il prezzo di mercato perché sono consapevole della situazione. Sempre meno persone hanno un lavoro, molti di coloro che l’hanno lottano per tenerlo e non è detto che vincano questa battaglia.
Io al momento un lavoro ce l’ho.
Agli occhi di molti, magari è un lavoro semplice, ma a me piace molto. Sono tra gente seria che ride un mucchio, attraverso Roma avanti e indietro tre ore al giorno per mantenere questo dovrebbe essere un diritto ma, oggi come oggi, è diventato un privilegio. Proprio sapendo cosa vuol dire trovarsi in ristrettezza, ho fatto questa scelta.
Non credo che deprezzi il mio lavoro. È vero che i miei libri precedenti costavano più di 12€, ma essendo pubblicati da case editrici includevano il prezzo della distribuzione e degli intermediari. Un romanzo storico è impegnativo da scrivere, lo so: bisogna comprare saggi, fare trasferte. Ma non mi sento sminuita nel calare il prezzo. Mi sento fortunata perché posso farlo.
Ho approfittato per rivedere attivamente il mio brutto rapporto con i caporali, sempre corretto tuttavia mai motivato dagli editor del mio passato più lontano. Questo perché io sono ancora abituata a usare i trattini per i dialoghi, mi si è sedimentata l’abitudine e il caporale mi richiede una riflessione conscia che cozza un po’ con il processo di revisione “sostanziale”.
Ho emendato di questi difetti il testo, del cartaceo e del digitale.
Ora, se lo metterete sotto l’albero farete davvero una splendida figura…

scrivere un romanzo storico-consiglio 6

Meglio sempre verificare se una certa pianta o un certo animale fossero già noti nel luogo e nell’epoca in cui ambientiamo la nostra storia. Trimalcione non avrebbe potuto mangiare pane e marmellata. Petrarca non poteva dimenticare le sue pene d’amore con un bel piatto di pasta al pomodoro. Qualcosa di giallo che si trova in un’epoca precedente alla scoperta dell’America si può paragonare allo zafferano o al tarassaco, ma non al girasole. 

Criticità che ho incontrato – inizialmente il termine di paragone era proprio il girasole – e superato qui:

Anche Roma era dorata, fuori da Santa Maria in Turribus. Il cielo turchese e senza una nube sembrava di smalto, i pioppi erano ingioiellati delle loro foglie. Un vento lieve le agitava sui rami e le sollevava dal suolo, trasfigurandole in petali di tarassaco. 

E via dicendo. Vita triste senza la cioccolata? Sì e no. Seppur non dotati di effetto droga, anche il miele e le spezie svolgono il loro (s)porco lavoro consolatorio nei dolci del passato. Provare per credere.

Siccome sono tutto meno che maestrina, sappiate che inizialmente nel romanzo Costanza Sicanie Regina la protagonista pregava accomodata su un inginocchiatoio. Dopo dieci revisioni mi è sorto un piccolo dubbio sull’esistenza di quell’arredo e… tadàn! In effetti ero in anticipo di cento anni. Prontamente sostituito con una perifrasi.

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La storia è sporca. Lercia. Puzza. Specie in alcuni frangenti. Sempre per rispettare la credibilità, un bandito o un pirata non potevano essere profumati ed eleganti come don Vito Corleone nella mitica apertura di The Godfather. Può non essere piacevole, ma bisogna avere il coraggio di dipingere in maniera credibile alcuni dettagli. O aggirarli e approfondire l’argomento solo quando ci si occupa di epoche o figure note per l’igiene. Meglio dire meno che non dire il vero.

Per esempio una frase del genere…

Rimase perplessa quando vide il re dormire scomposto sul letto, senza lenzuolo e senza null’altro. Chiuse gli occhi, com’era giusto, e quasi trattenne il fiato. Poi, però, li riaprì e lo guardò. 

… non l’avrei scritta mai per il Re Sole. Me lo avrebbero impedito l’amor del vero e il rispetto per il mio stomaco. Il Re Sole non aveva il capelli L’Oreal come nella serie tv Versailles. Lui avrebbe lasciato lo stampo d’unto sul cuscino. Nope.

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Questo è uno dei punti più dolenti nei romanzi storici con protagonista femminile. Donne ribelli, emancipate, con stima di sé, profonde domande e vasta cultura ci sono sicuramente state. Ed erano così eccezionali da essere ricordate, perché non costituivano la regola. Il tradimento era normale come l’analfabetismo, di parto si moriva, male e di continuo, l’uomo era superiore e nessuno contestava la questione. Di solito non se la ponevano proprio, ecco. Non esisteva. Perché si era immersi in quel mondo. Che può non piacerci, ma era così. Per cui, la scelta è tra lo strizzare l’occhio al lettore – finendo per raccontare nostri di contemporanei… in costume – o lavorare sulla credibilità, che suscita reazioni più complesse e persino contraddittorie – puoi trovare urticante un personaggio dalla mentalità opposta alla tua, perché realistica – ma altrettanto coinvolgenti.

Scrivendo Costanza Sicanie Regina mi sono trovata in difficoltà davanti a una frase che reputavo corretta, ma temevo venisse accolta male dalle lettrici. Non ve la citerò, ma vi dirò che si trova nel capitolo 33. Ho voluto inserirla lo stesso, perché la reputavo coerente con la mentalità dell’epoca, con i personaggi e il loro sviluppo. Che fatica! Perché se applicassi un pensiero del genere su me stessa, mi prenderei a schiaffi da sola. Ma io sono nata nel 1978.