I libri degli altri – marzo e aprile 2021

Vi è mai capitato di non avere tempo per fare un post? A me sì. Sono l’unica dipendente in presenza, segretaria peraltro. E pendolare. Con genitori fragili. Da 13 mesi mi sento affogare in un frullatore settato alla massima velocità. Ho smesso di scrivere per poter sopravvivere, tuttavia leggo tanto, perché faccio tre ore di viaggio al giorno. A volte però non ho le forze di ricordarmi cosa ho letto. Tant’è. Vediamo di recuperare. In perfetto disordine cronologico, ovviamente.

Iniziamo da L’architettrice di Melania Mazzucco, lettura condivisa con gli amici di Thriller Storici e dintorni. È un libro che mi sono imposta di leggere lentamente, perché andava assaporato e colto. Un incanto. Avvolgente, ricco, complesso, barocco e quindi perfettamente consonante al periodo che racconta. È la storia di Plautilla Bricci, artista che si muove in una Roma fatta di splendore e miserie, oro e urina, apparenze e inganni, amore e morte. Proprio nel segno di questi due elementi si snodano gli istanti cruciali della sua vicenda umana: conosce l’uomo che ne segnerà il destino mentre, durante una piena, il Tevere strappa cadaveri ai cimiteri e li getta nei gorghi dei mulini. Si uniranno, finalmente, durante la peste. Ed è una balena in decomposizione a segnare il passaggio di testimone intellettuale dal padre, Briccio, alla piccola e curiosa Plautilla. Sublime.

Stesso incanto, diverso stile e messaggio, per Le dee del miele di Emma Fenu. Nella sua Sardegna si snodano storie di donne, di epoche che passano e miti che restano, tutt’al più si trasfigurano, perché sono viscosi e preziosi come il miele. Una pena delicata e poetica, quella di Emma. Incantevole.

Fa pensare alla brezza fresca del mattino, al vento nel deserto e fa sognare viaggi infiniti Da lontano, Venezia, di Eufemia Griffo. Con leggerezza e con la semplicità di una madre che racconto la storia dell’avo al proprio figlio, lei ci racconta di Marco Polo e delle meraviglie da lui viste. Fa venir voglia di partire, senza controllare il colore delle zone.

Nelson di Giulia Abbate mi ha lasciato qualche perplessità, perché è affascinante ma il punto focale non è messo in evidenza come ci si può immaginare. Peccato perché ambientazione e personaggi mi sono piaciuti tantissimo.