Questo mese la rilettura è stata più faticosa, probabilmente perché proprio la mia quotidianità in questo periodo lo è. Immaginatevi un’alternanza continua di chiamate per colloqui di lavoro “urgentissimi”, per i quali non si può aspettare, che comportano di riprogrammare la propria vita all’istante la propria agenda, fra trasferte da un lato all’altro delle Capitale, paure, speranze, telefonate, bus e treni. Che poi sarei una segretaria-impiegata, non un cardiochirurgo che, sì, se non corre sono guai. Queste continue telefonate sono delle vere e proprie scudisciate di adrenalina per me, che mi lasciano sfatta e stanca a livello mentale. Aggiungete un’abbondante manciata di solitudine nell’affrontare un quotidiano pieno di responsabilità e imprevisti, ed eccomi qui: lessa. Per cui ho scelto una lettura frizzante, anche se linguisticamente impegnativa come il Decameron. E adesso vi racconto la mia esperienza.
Natale di Roma: qualche pensiero
Roma non è soltanto una entità geografica. Roma non è circoscritta da fiumi, monti o mari. Roma non è un fatto di razza, sangue o religione: Roma è un idea.Roma è la più sublime personificazione della libertà e della legge mai realizzata dal genere umano da quando, diecimila anni fa, i nostri antenati sono scesi da quei monti e hanno imparato a vivere in comunità obbedendo alla legge.
Marco Tullio Cicerone
Sarà capitato anche a voi?
Scrivere un romanzo vuol dire esporsi. Rivoltarsi come un calzino, anche se il libro non parla di noi. Vuol dire mettere a nudo un frutto del proprio intimo e donarlo al potenziale lettore. Chi scrive cala le carte e spesso, come in una partita a poker, le cala anche chi gli sta intorno.
una vita da…
Lo so, siete tutti preparati, avete studiato musica fin da bambini, siete cresciuti in famiglie con una cultura musicale e quello che vi rivelerò è una macchia indelebile sulla mia già scarsa credibilità. Il punto è che non sarà un capolavoro di quelli che durano secoli, ma “Una vita da mediano” sembra la mia storia, parola per parola.
Una vita da mediano/da chi segna sempre poco/che il pallone devi darlo/a chi finalizza il gioco
Almeno in questo periodo, mi sento come un mediano spompato. Corro qui e là per risolvere problemi che dipendono da me in minima parte, ce la metto tutta per concludere qualcosa di concreto e soddisfacente e… nulla! Così avrei bisogno di sedermi un po’ in panchina. Oppure di fare un gol. Che a volte tanto basta.
p.s. scandalizzatevi pure, ma tanto lo so che la strofa l’avete canticchiata.
Rilettura 2018 – marzo
Questa voltato fatto sul serio. In febbraio, con Flaubert mi è piaciuto vincere facile, perché ho sempre amato la leggiadria e la minuzia della sua penna. E lo stesso vale per Remarque, anche perché apprezzo – pur soffrendo nella lettura – la narrativa di guerra. Adesso la lotta si fa dura, perché a marzo ho deciso di rileggere I Promessi Sposi. L’incontro tra la giovanissima Sonia e il signor Manzoni A. è avvenuto in V ginnasio ed è stato animato dalla stessa cordialità che i bravi riservano a Don Abbondio.
Fu una combinazione di fattori. E mi piace riportarli qui, perché il libro è un messaggero potente. Man mano che passano gli anni e lui passa di mano in mano, si trasforma. Non è più solo il contenitore della storia narrata e del suo autore, ma porta con sé anche le storie di chi l’ha letto. E quella tra me e I promessi sposi è abbastanza speziata. Su Facebook la definiremmo una relazione complicata. Molto.
Iniziamo raccontando questo “fatale” primo incontro…